lunedì 29 dicembre 2014

I dualismi del Jobs Act

Doveva aiutare a superare il dualismo del mercato del lavoro italiano tra garantiti e non, ma in realtà il Jobs Act approvato dal governo ne sta creando di ulteriori. Al di là di quello sollevato dal senatore Ichino (che sta appunto spaccando in due il governo oltre che il PD) sull'applicazione della norma nel pubblico oltre che nel privato (e questo sì che sarebbe un bel dualismo nel mercato del lavoro), vi sono ulteriori contraddizioni: la più evidente è se per creare lavoro sia logico imporre regole per rendere più facili i licenziamenti (rendendo di fatto più precaria l'occupazione); l'altra, invece, è se con i nuovi contratti le tutele saranno crescenti, come sostenuto dal governo, o invece (con la cancellazione dell'articolo 18) andranno a calare i diritti dei lavoratori. Io mi sarei aspettato un altro tipo di provvedimenti: detassazione alle imprese, incentivi economici legati all'innovazione, sostegno a professionisti e partite IVA, che invece sono state del tutto dimenticate nel Jobs Act (e anzi, ulteriormente mazziate), investimenti nelle nuove tecnologie, come la banda larga, che invece pare essere ancora a un punto fermo, rafforzamento e nuove forme di ammortizzatori sociali, come l'introduzione di un reddito minimo garantito (caldeggiato anche dal neo-presidente Inps Tito Boeri). Una ricetta più o meno simile a quella di Obama, che ha portato gli USA a ottimi risultati contro la crisi. Certo qui siamo legati ai diktat della UE, ma la guida al semestre europeo sarebbe servita appunto a imporre a Bruxelles una nuova linea o quanto meno un allentamento dei paletti imposti dall'Europa.