venerdì 28 gennaio 2011

Giovani: più che umili, umiliati

"Quando noi ragazzi eravamo all'asilo, le maestre ci chiedevano il nostro futuro lavoro. C'era chi diceva l'astronauta, chi la pop star ed anche il presidente. Poi, alle elementari dicevamo maestra, dottoressa, avvocato. Oggi, dalla terza media in su, a noi ragazzi del 2010, questa domanda non ce la pone più nessuno perché sa già la risposta: non lo so". Questo è il pensiero di una giovanissima studentessa che frequenta le scuole medie.
A lei fa da contraltare l'intercettazione telefonica di Iris Berardi, una delle ospiti dei festini di Arcore: "Io non c’ho voglia di andarmi a cercare un lavoro, vado a fare un lavoro da 1000 euro?"
Per le ministre Gelmini e Meloni e per il flaccido Sacconi, sono però i giovani italiani che non hanno l'umiltà di accettare lavori che non si adattano al loro titolo di studio o disdegnano di imparare un mestiere di manovalanza.
Davanti ad accuse di questo genere, siamo anche noi del parere che è invece a questi ministri che mancano umiltà, capacità e senso della realtà: basta infatti pensare a tutti quei giovani laureati che si umiliano a lavorare nei call-center al compenso di poche centinaia di euro al mese. O a quelle migliaia di precari senza diritti e senza futuro.
Perché ai nostri giovani non è l'umiltà che manca, ma le opportunità. E di certo non possono trovarle nel Paese del bunga-bunga, se non essendo di sesso femminile, di bell'aspetto e recandosi ad Arcore: sempre che esperienze di quel tipo siano da considerarsi opportunità. Ed è per questo che tanti di loro vorrebbero abbandonare l'Italia.
Nel messaggio di fine anno il Presidente Napolitano si rivolse alle le istituzioni ed alle forze economiche perché si impegnassero ad offrire maggiori garanzie ai nostri ragazzi. Ma l'appello sembra caduto nel vuoto. Non giochiamoci il futuro dei nostri giovani, perché è anche il nostro.